7.1. Revoca della garanzia

Successivamente al suo rilascio la garanzia statale può essere revocata nei seguenti casi: (i) l’impresa beneficiaria non soddisfa più i requisiti necessari per mantenere la garanzia; (ii) l’impresa beneficiaria non ha rispettato il vincolo di destinazione delle somme erogate attraverso il finanziamento garantito risultando così inadempiente.

La revoca della garanzia può intervenire prima o dopo l’escussione della stessa da parte del Soggetto Finanziatore.

Ove la revoca intervenga prima dell’escussione, il garante pubblico non ha il diritto di partecipare al concorso tra i creditori (poiché semplicemente non è creditore) e il Soggetto Finanziatore perde la garanzia.

Diversamente, ove la revoca intervenga dopo l’escussione della stessa da parte del Soggetto Finanziatore, il garante pubblico ha il diritto di partecipare al concorso tra i creditori e lo fa in qualità di creditore privilegiato.

Con specifico riguardo al privilegio, la giurisprudenza ha chiarito che in conformità all’art. 2745 c.c. il privilegio del garante pubblico trova la propria fonte nella legge, la quale riconosce la causa del credito come meritevole di tutela. Pertanto, il privilegio non si trasferisce dal Soggetto Finanziatore al garante pubblico al momento dell’escussione, ma sorge direttamente in capo a quest’ultimo ([1]).

Di conseguenza, alla luce del citato indirizzo giurisprudenziale, non dovrebbero trovare applicazione gli istituti civilistici del regresso e della surroga, né tanto meno gli artt. 160 e 161 CCII (prima artt. 61 e 62 L.F.) i quali limitano i diritti dei coobbligati in caso di soddisfazione parziale del creditore principale (Soggetto Finanziatore).[2]

Inoltre, la revoca della garanzia escussa può intervenire prima o dopo l’apertura del concorso tra i creditori (quindi prima o dopo l’apertura della procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza).

Ove la revoca intervenga prima dell’apertura del concorso dei creditori, nulla quaestio, il credito (privilegiato nel senso sopra chiarito) del garante pubblico è opponibile alla procedura in quanto credito anteriore alla stessa.

Diversamente, ove la revoca intervenga dopo l’apertura del concorso dei creditori potrebbero sorgere dubbi circa l’opponibilità del credito alla procedura.

Su questo secondo fronte la giurisprudenza ha tuttavia avuto modo di chiarire che ai fini dell’opponibilità del credito alla procedura rileva non tanto il momento della revoca della garanzia o della sua escussione da parte del Soggetto Finanziatore, bensì il momento del rilascio della garanzia medesima ([3]).

7.2. Nullità del finanziamento

In ambito di liquidazione giudiziale vi è il rischio che il Tribunale possa non ammettere il credito del Soggetto Finanziatore garantito da SACE/MCC nel caso in cui ritenga che il finanziamento sia nullo per illiceità della causa (ex art. 1343 c.c.) in quanto erogato, contrariamente alle norme imperative, senza perseguire lo scopo tipico del contratto di mutuo e con l’intento di assicurare al Soggetto Finanziatore la garanzia statale ([4]).

In presenza di un rischio siffatto il Soggetto Finanziatore che intenda tutelare al meglio il proprio credito in sede di ammissione al passivo è opportuno che proponga – unitamente alla domanda principale fondata sul titolo, in via subordinata domanda di insinuazione al passivo ai sensi dell’art. 2033 c.c. Anche in questo caso, tuttavia, permane il rischio che il Tribunale ritenga il finanziamento erogato come contrario al buon costume, precludendo al Soggetto Finanziatore (in forza dell’art. 2035 c.c.) di ripetere, anche solo in sorte capitale, l’importo finanziato.

La nullità del rapporto principale di finanziamento può avere evidenti implicazioni sul rapporto derivato di garanzia. Invero, benché la garanzia prestata da SACE/MCC si caratterizzi per l’autonomia rispetto al rapporto principale, la giurisprudenza è costante nel ritenere che il prestatore di garanzia autonoma possa comunque sollevare le eccezioni relative all’inesistenza del credito principale conseguente alla nullità dovuta a violazione di norme imperative o illiceità della causa del rapporto principale ([5]). Tali considerazioni dovrebbero condurre a ritenere nulla la garanzia di SACE/MCC in ipotesi di nullità del finanziamento, appunto, per contrarietà a norme imperative (non rilevando invece l’inquadramento del finanziamento nell’ambito della contrarietà al buon costume). Tuttavia, è bene tener conto del fatto che la peculiare natura della garanzia pubblica – che ha portato la giurisprudenza a ritenere che anche il diritto di rivalsa del garante sia totalmente slegato dalla posizione del creditore principale ([6]) – possa condurre a ritenere che la nullità del rapporto principale non travolga il rapporto di garanzia e che, dunque, lo stesso rimanga in essere portando con sé il diritto di rivalsa nei confronti del debitore e il relativo privilegio.

7.3. Impatto della nullità del finanziamento sull’elaborazione del piano

Occorre valutare se e in che misura le considerazioni sopra esposte in ambito di liquidazione giudiziale trovino applicazione nella procedura di concordato preventivo. A tal riguardo, il debitore che ritiene possibile che il finanziatore abbia erogato il finanziamento in forza di un mutuo nullo per contrarietà a norme imperative (ed eventualmente al buon costume) nei termini esaminati, potrà – a livello teorico – alternativamente:

(i) recepire la nullità per contrarietà a norme imperative (ma non anche al buon costume), trattando:

a) il Soggetto Finanziatore quale titolare di un credito da ripetizione di indebito nei termini di cui all’art. 2033 c.c. e prevedendo – in ipotesi di riconoscimento della validità del mutuo in sede giurisdizionale – un apposito fondo rischi per l’importo dato dalla differenza tra l’intero credito (come se il finanziamento fosse valido) e quanto dovuto ai sensi dell’art. 2033 c.c.;

b) il garante come privo di un credito attuale, posizionando il relativo credito in un fondo rischi privilegiato, in ipotesi di riconoscimento della validità del mutuo in sede giurisdizionale;

(ii) recepire la nullità per contrarietà a norme imperative ed anche al buon costume, trattando:

a) il Soggetto Finanziatore come privo di un credito attuale e prevedendo – in ipotesi di riconoscimento della validità del mutuo o quantomeno del diritto alla ripetizione dell’indebito in sede giurisdizionale – un apposito fondo rischi per l’importo che verrà individuato a seconda che si voglia far fronte al rischio “validità” del finanziamento o solo al rischio di assenza di contrarietà al buon costume;

b) il garante come privo di un credito attuale e posizionando il relativo credito in un fondo rischi privilegiato, in ipotesi di riconoscimento della validità del mutuo in sede giurisdizionale.

Circa il credito di rivalsa del garante, pare irragionevole che, in ipotesi di nullità del finanziamento garantito, possa riconoscersi invece la validità della garanzia e, quindi, dell’eventuale credito di rivalsa del garante (che, a sua volta, presupporrebbe l’adempimento della garanzia nonostante la nullità del finanziamento). Pertanto, si assume che, in ipotesi di contestazione della nullità del finanziamento garantito (per contrarietà a norme imperative o illiceità della causa), sia nulla anche la garanzia pubblica. Eventuali pagamenti effettuati dal garante pubblico al Soggetto Finanziatore potranno al più formare oggetto di azioni recuperatorie del garante solo nei confronti dell’istituto finanziatore percettore dei pagamenti e non del debitore di quest’ultimo.

Con particolare riferimento quindi alle ipotesi in cui il debitore decida di recepire la nullità, si ricorda – benché tale considerazione valga in termini generali – che la sentenza di omologa del concordato preventivo non comporta la formazione di un giudicato sull’esistenza, entità e rango (privilegiato o chirografario) dei crediti concordatari, presupponendone un accertamento volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell’approvazione della proposta, e dunque non escludendo la possibilità per le parti di far accertare in via ordinaria il proprio credito in termini di esistenza, entità e rango ([7]).

Proprio in considerazione dell’estensione (limitata) del giudicato concordatario, il debitore dovrebbe essere indotto a far fronte al rischio di esborso maggiore mediante la previsione di accantonamenti. Tale condotta inciderebbe peraltro sulla fattibilità economica della proposta, che rientra pienamente nel vaglio (a differenza del giudizio di convenienza economica) dell’autorità giudiziaria chiamata a verificare se il piano non appaia manifestamente inidoneo a raggiungere gli obiettivi prefissati. Si tenga inoltre presente che il commissario giudiziale potrebbe verosimilmente richiedere – ai fini dell’elaborazione della propria relazione (ai sensi degli artt. 105 e 107 CCII) – che il debitore si munisca di pareri legali volti a supportare la misura dei rischi di maggiore esborso per l’ipotesi di accertamento, in via ordinaria, della validità del mutuo o del diritto alla ripetizione dell’indebito.

L’appostazione di fondi rischi per far fronte alle possibilità di maggiore esborso in ipotesi di accertamento della validità del mutuo ovvero del diritto alla ripetizione dell’indebito produrrebbe inoltre l’effetto di non attribuire al creditore (Soggetto Finanziatore e/o garante pubblico) il diritto di voto sull’ammontare di credito accantonato. Si ricorda, tuttavia, che il creditore ha il diritto di contestare il trattamento del proprio credito e che il giudice delegato può ammettere provvisoriamente, in tutto o in parte, i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze (ex art. 108, comma 1, CCII).

Raccomandazioni
In caso di ritenuta potenziale nullità del finanziamento per contrarietà a norme imperative o illiceità della causa è raccomandabile (se non si vuole procedere all’ordinaria classazione) prevedere l’appostazione di fondi rischi a garanzia della fattibilità economica del piano in caso di maggior esborso dovuto al riconoscimento per via giudiziale del credito garantito.

([1]) Trib. Bologna, 3 novembre 2023.
([2]) Si osserva che, nonostante i chiarimenti della giurisprudenza di legittimità, il tema è piuttosto dibattuto in dottrina. Sono emerse, infatti, alcune perplessità circa la reale forza argomentativa delle conclusioni a cui è giunta la Suprema Corte per giustificare la disapplicazione delle norme civilistiche in materia di fideiussione, regresso e surroga, delle norme dettate dagli artt. 160 e 161 CCII, nonché delle norme che sanciscono il principio della cristallizzazione della massa passiva del debitore insolvente (art. 145 CCII).
([3]) Cass. 15 maggio 2023, n. 13152.
([4]) Trib. Asti, n. 105, 10 gennaio 2024; Trib. Torino, 4 ottobre 2022.
([5]) Si veda ex multis App. Firenze, sez. II, n. 725, 11 aprile 2023, secondo cui “Il contratto autonomo di garanzia è un contratto atipico che si distingue dalla fideiussione vera e propria per l’inesistenza di un vincolo di accessorietà con il rapporto principale: di conseguenza la finalità del contratto di garanzia è quella di tenere indenne il creditore dalle eventuali conseguenze derivanti dal mancato adempimento alla prestazione principale, trasferendo sul garante il rischio dell’inadempimento da parte del debitore principale, laddove la fideiussione comporta l’ampliamento del novero dei soggetti obbligati rispetto alla prestazione assunta dal soggetto obbligato principale. Dunque con la garanzia autonoma si crea un’obbligazione parallela indipendente da quella principale, tale da incidere sulle eccezioni che il garante può sollevare, che sono solo quelle relative all’inesistenza del credito conseguente alla nullità dovuta a violazione di norme imperative o illiceità della causa del rapporto principale nonché la c.d. «exceptio doli generalis», che sottende l’abusiva pretesa del creditore e quindi la sua malafede perché il debito principale è stato estinto”.
([6]) Si veda Cass. 18148/2023 secondo cui “l’azione spettante all’ente concedente, pur mirando al medesimo risultato economico di quella di surrogazione o di regresso, ovverosia alla neutralizzazione della diminuzione patrimoniale conseguente all’esborso effettuato, si distingue dalle stesse, non costituendo esercizio del diritto precedentemente spettante al creditore garantito nel quale l’ente concedente subentra a seguito dell’escussione della garanzia, né di un nuovo diritto derivante dal pagamento effettuato in favore del creditore garantito, ma trovando fondamento nell’atto di concessione della misura di sostegno o della relativa convenzione, che costituiscono il presupposto della garanzia”. Nello stesso senso, si veda Cass. 1453/2022.
([7]) Cass. 33345/2018.